Tutti i ciclomotori e motocicli equipaggiati con motore endotermico sono dotati anche di un impianto di scarico; si tratta di un insieme di elementi solidali fissi, la cui funzione principale è quella di convogliare verso l’esterno i fumi residui del processo di combustione. Poiché esercita un ruolo importante per il corretto funzionamento dell’intero sistema di propulsione, è bene conoscerne i principi basilari, così da poter intervenire tempestivamente in presenza di guasti o malfunzionamenti.
La struttura di un impianto di scarico
Le componenti principali di un impianto di scarico sono due: i collettori e il terminale. I primi sono direttamente collegati alla camera di combustione del motore mentre il secondo è posto, in linea, dopo i collettori e costituisce la parte del sistema che serve ad espellere verso l’esterno i fumi prodotti dalla combustione del carburante.
Come funzione l’espulsione dei gas di scarico
I motori a combustione interna implementano un ‘ciclo’ di trasformazione del carburante (o meglio, di una miscela di aria e carburante) che si sviluppa in quattro fasi: aspirazione, iniezione, combustione e scarico. Quest’ultima coincide con la fuoriuscita dei gas residui (incombusti).
Un motore endotermico è progettato in maniera tale che i fumi fluiscano all’interno dei collettori tramite apposite valvole di scarico che, come suggerisce il nome stesso, ‘raccolgono’ i prodotti di scarto della combustione.
Da qui passano nel terminale di scarico, la parte che viene normalmente chiamata anche ‘marmitta’. Qui si trova quasi sempre il catalizzatore (talvolta, però è installato separatamente). Si tratta di un dispositivo la cui funzione è abbattere le emissioni inquinanti dei gas di scarico. Ciò avviene per mezzo di un processo di catalizzazione, che viene implementato da specifici materiali (soprattutto metalli nobili come il rodio e il platino). Dal punto di vista tecnico, il catalizzatore provoca l’ossidazione dei gas, trasformando gli idrocarburi in ossido di azoto e il monossido di carbonio in anidride carbonica, acqua e azoto.
I catalizzatori più moderni sono dotati anche di un apposito sensore (la sonda ‘lambda’), il quale interviene per modulare le proporzioni tra aria e carburante nella miscela, per far sì che il livello di emissioni sia conforme alle normative vigenti. Integrato nel terminale di scarico può esserci anche il ‘db killer’, un corpo metallico forato di forma cilindrica che serve ad abbattere le emissioni rumorose del motore (e rispettare le prescrizioni normative sulla rumorosità).
Sostituire il terminale di scarico: si può?
Non di rado, i motociclisti decidono di sostituire il terminale di scarico di serie con uno aftermarket, per conferire al profilo della moto un tocco personale. Un intervento di questo tipo è piuttosto comune, data anche l’ampia disponibilità di opzioni in commercio dovuta alla presenza di e-commerce specializzati come Omniaracing.net, dove trovare scarichi e marmitte Arrow e di altri marchi leader del settore.
Per quanto riguarda la legittimità di questo tipo di modifica, da tempo il Ministero dei Trasporti ha chiarito che non si tratta di un intervento che richiede l’approvazione della Motorizzazione. Già alla fine degli anni Novanta, infatti, a causa di un elevato volume di sanzioni, il dicastero competente ha spiegato che non costituisce una modifica che altera le caratteristiche meccaniche e funzionali originarie del veicolo. Pertanto, la sostituzione dello scarico non rientra nella casistica prevista dall’articolo 78 del Codice della Strada, per cui “i veicoli a motore ed i loro rimorchi devono essere sottoposti a visita e prova presso i competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri quando siano apportate una o piu’ modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali”.
La risposta alla domanda iniziale è quindi “sì”, ma a due condizioni: lo scarico sostitutivo deve essere omologato con il codice di marcatura europeo (punzonato sulla marmitta) e non deve comportare un’alterazione delle emissioni sonore del veicolo.