Una governance guidata da Renault. E’ questa la condizione dettata dallo Stato Francese per dare il proprio benestare alla fusione con Fiat Chrysler Automobiles. Il governo transalpino possiede una buona fetta di quote dell’azienda automobilistica locale e non intende dire “ok” se non saranno garantite le proprie volontà. A questo punto, la fusione FCA-Renault è davvero in pericolo. Ma esaminiamo le cose con calma e dettagliatamente.
Fusione FCA-Renault, perché rischia di crollare il castello?
Domani, Renault avrebbe dovuto dare la propria risposta ad FCA. A quanto pare ciò accadrà lo stesso, ma la strada sembra essere in salita. La lettera di John Elkann parlava chiaro: la governance avrebbe dovuto essere capeggiata da Fiat Chrysler Automobiles con la sede centrale in Olanda. Nel weekend, però, l’intervento della Francia ha cambiato tutte le carte in tavola.
Ad ogni modo, FCA avrebbe dato il proprio consenso alla modifica delle condizioni, anche se a malincuore. Con l’intervento della Francia, anche lo Stato Italiano ha voluto tutelarsi. Queste le parole affidate a Facebook da Luigi Di Maio:
“Sono in contatto con i vertici di FCA. Stiamo seguendo come Governo l’operazione FCA-RENAULT che, vista la portata, vede il nostro Paese tra i suoi protagonisti. L’obiettivo dichiarato di questa operazione è una partnership tecnologica che permetta lo sviluppo di nuovi prodotti e la crescita del comparto automotive in Europa e in Italia. Stiamo monitorando l’operazione per conoscere il notevole valore aggiunto che dovrà portare all’Italia.
Il mio auspicio è che possa creare più lavoro, portando più tecnologia e più crescita al nostro mercato dell’automotive, ma a quanto si apprende pubblicamente, le trattative sono ancora in corso. Diamo per scontato che si salvaguardino prima di tutto i lavoratori e che, piuttosto, attraverso il mantenimento e il potenziamento del piano di investimenti sugli stabilimenti italiani, questi aumentino nel prossimo futuro.
Lo Stato ha già supportato e supporta FCA in Italia e lo ha fatto attraverso entrambi i ministeri che ho l’onore di dirigere, sia nell’interesse dei lavoratori che dell’azienda. Lo ha fatto prima di tutto nel rispetto della tradizione di un marchio indissolubilmente legato all’Italia e alla sua storia e che ci auguriamo continui a essere rispettato, perché solo in quel caso staremmo parlando di un’operazione di crescita e sviluppo aziendale come da noi intesa”.